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Le viaggiatrici del Grand Tour

Le viaggiatrici del Grand Tour

Storie e avventure in un saggio di attilio brilli.

Quello che ci propongono è, per molti aspetti, l’altro volto dell’Italia, più umano, più mutevole, meno limitato dai luoghi comuni, il volto ignorato o trascurato dai viaggiatori maschi.
Le rovine sono per le viaggiatrici l’emblema della caducità delle imprese e delle creazioni umane ed è da questo sentimento che nasce il loro pathos.
A Mariana Starke, infine, si deve l’invenzione della guida moderna, con tanto di classificazione del pregio dei luoghi mediante asterischi, anticipando di più di cento anni le guide Michelin.
A differenza dei colleghi maschi, le viaggiatrici non hanno remore nel denunciare le sistematiche ruberie delle truppe napoleoniche o le acquisizioni a prezzi irrisori di capolavori d’arte italiani da parte degli inglesi.

Sydney Morgan denuncia per esempio il modo rocambolesco con cui la Venere dei Medici degli Uffizi viene portata dai francesi a Parigi con il beneplacito del console inglese lord Acton. Già nel Settecento, visitando le collezioni dei grandi palazzi bolognesi, dinanzi ai tanti vuoti sulle pareti, Anna Miller riferisce che gran parte di quelle opere sono andate ad arricchire le collezioni reali inglesi.

I viaggi che una matura Mary Shelley compie con il figlio che si avvia agli studi universitari, sono in parte la rivisitazione di luoghi nei quali ha viaggiato a suo tempo con P.B. Shelley prima della tragedia di Viareggio. In parte tuttavia essi costituiscono un Grand Tour che comprende, oltre l’Italia, altri paesi europei. Occorre tenere presente che a questa epoca Mary Shelley vive dei proventi della propria attività di scrittrice dalla quale sono nati ben noti romanzi. La redazione dei suoi viaggi del 1840-1843 è parte integrante di questo suo lavoro professionale. 

L’Italia vista da Mary Shelley è interessante per le annotazioni sulla carboneria, sui moti insurrezionali e sulla vita culturale italiana, tutti aspetti che, ad esclusione di Stendhal e di pochi altri, vengono tenuti in scarsa considerazione dai viaggiatori. 

Ciò non toglie comunque che, per Mary Shelley, l’Italia rimanga soprattutto la terra del desiderio e del ricordo di una pienezza di vita che molto raramente è dato raggiungere.

  • Attilio Brilli

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La Roma del Grand Tour: viaggiatori e personaggi

canaletto santa maria dell'aracoeli

Roma caput mundi . Era questa la celebre espressione latina utilizzata per descrivere la città capitale del mondo allora noto. E di fatto la città non ha mai smesso di esistere: passeggiando in tutto il suo centro storico, accanto ai resti dell’Antica Roma, compaiono infatti le possenti torri di epoca medioevale, chiese e basiliche di epoca rinascimentale, edifici dal pieno gusto barocco, fino alle realizzazioni più moderne. Tutto questo è ben noto oggi ai milioni di visitatori che ogni anno scelgono di visitare Roma, ma era già un dato di fatto anche in passato. Vediamo insieme come nasce il Grand Tour a Roma dei personaggi e viaggiatori del passato.

Il viaggio del Grand Tour

Fu per questo che a partire dal XVII secolo, per i giovani rampolli dell’aristocrazia europea, gli intellettuali e più raffinati artisti diventò assai importante intraprendere il viaggio del Grand Tour . Il termine chiarisce come la moda di questo viaggio riguardasse un “giro” particolarmente lungo, ampio e senza soluzione di continuità – con partenza e arrivo spesso nello stesso luogo – che poteva attraversare anche i paesi continentali e raggiungere perfino mete più esotiche come l’Egitto, ma che aveva come traguardo prediletto e irrinunciabile appunto l’Italia. Tra le mete preferite della nostra penisola vi erano ovviamente Pompei ed Ercolano –  i due gioielli delle Roma Antica tornati alla luce proprio alla fine del ‘700 –  Venezia e ovviamente Roma .

Foro Romano veduta dalla Rampa di Domiziano

Foro Romano, veduta dalla Rampa di Domiziano

Cosa si visitava durante il Grand Tour?

I viaggiatori si muovevano principalmente per visitare gli importanti siti archeologici delle antichità classiche – che raccoglievano ovviamente un grande interesse – ma molta attenzione era rivolta anche al “contemporaneo”, alle opere neoclassiche e allo studio della natura. Durante le loro soste, da buoni turisti, spesso si ritrovarono ad acquistare opere d’arte e d’antiquariato, cimeli e ricordi di vario genere del viaggio.

I viaggiatori più noti: Goethe, Keats e Shelley 

Fondamentale diventò poi il farsi ritrarre da uno dei pittori più in vista del momento oppure il solo acquisto di vedute del paesaggio italiano: tra i pittori più in voga all’epoca vi erano Pompeo Batoni , il Canaletto ed il Piranesi .

Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri Piranesi

Molti furono i personaggi illustri che partirono per compiere il Grand Tour durante il corso dei secoli e tra i più famosi che a lungo soggiornarono a Roma vi furono lo scrittore tedesco Goethe ed il giovane poeta inglese John Keats insieme all’amico Shelley . Non è un caso infatti che in città le abitazioni in cui risiedettero, delle modestissime stanze in affitto in realtà, siano poi state trasformate in vero e proprie case museo : Goethe in via del Corso , mentre Keats e Shelley in piazza di Spagna . 

casa di goethe grand tour Roma

Ma come appariva Roma ai loro occhi? Queste le parole di Johann Wolfgang von Goethe:

“ Roma è la capitale del mondo. Le sue bellezze mi hanno sollevato poco a poco fino alla loro altezza ”

Scritto da: lasinodoro.

viaggiatrici del grand tour

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EDITORIAL FEATURE

L’arte che fece affluire i protagonisti del Grand Tour in Italia

Molte sono le ragioni che spinsero i viaggiatori ad intraprendere il Grand Tour d’Europa. Queste ragioni sono lentamente cambiate nel corso del 18esimo e 19esimo secolo, influenzando sia le mode dei viaggiatori che la percezione che questi avevano dell’arte.

Che il turismo stesso sia cambiato durante l’epoca del Grand Tour lo si può evincere dai numerosi racconti di viaggio e i diari redatti in quegli anni.

La curiosità che una volta era scatenata dal valore storico-politico di un’opera d’arte, fu gradualmente rimpiazzata: si ci interessava più al pittore piuttosto che al quadro, più all’artista che non al modello.

A prescindere dall’interesse predominante, i giovani affluivano in Italia 300 anni fa per ammirare alcuni tra i più grandi capolavori dell’arte, dell’architettura e della cultura. Proprio come al giorno d’oggi.

Gli schizzi del Grand Tour Un’usanza dei giovani nobili era quella di viaggiare con i loro ritrattisti al seguito, così da poter far fare degli schizzi durante i loro viaggi (il concetto equivale a quello delle fotografie in viaggio odierne). Quando ciò non era possibile, i giovani commissionavano gli schizzi ad artisti locali.

Uno degli artisti più conosciuti a tal proposito, era il veneziano Giovanni Battista Piranesi , i cui dipinti sono stati tramandati dalle famiglie nobili fino ad oggi.

Tra i viaggiatori ce n’erano anche alcuni particolarmente creativi, che si cimentavano nella rappresentazione degli scenari italiani.

Dopotutto, fare esperienza diretta dell’arte era il concetto di base per chi intraprendeva il Grand Tour.

Le città d’arte italiane

Roma: la Capitale del mondo L’itinerario classico del Grand Tour non poteva prescindere da città come Venezia, Firenze, Napoli e, alle volte, anche la Sicilia. E poi c’era Roma . Ciascuna città italiana racchiude un immenso patrimonio artistico, sia questo dell’epoca greco-romana, del Rinascimento o dell’età Barocca. Roma le sintetizza tutte.

Roma era considerata la tappa d’eccellenza del Grand Tour, poiché rappresentava al tempo stesso un accesso privilegiato al patrimonio storico dei secoli precedenti e alle meraviglie dell’epoca Barocca contemporanea.

Patria di Cicerone e terra natale di Cesare, Roma è anche la dimora dei più apprezzati capolavori di Michelangelo . Dopo aver letto le storie delle commissioni papali (una tra tutte - quella della Cappella Sistina), i giovani nobili si rendevano conto che l’unico modo per comprendere la cultura e l’arte italiana era andare a vedere questa città con i loro occhi.

I capolavori barocchi del Bernini lasciarono il loro segno a Roma, il quale realizzò opere d’arte straordinarie in luoghi come Piazza Navona e Piazza di Spagna. I viaggiatori non potevano far altro che essere incuriositi da luoghi come l’Arco di Tito, il Colosseo e Porta del Popolo.

“Potrei mai dimenticare la sensazione che ho provato scendendo adagio dai colli, e attraversando il ponte sul fiume Tevere; addentrandomi per il corso, tra le terrazze e i raffinati cancelli delle ville, che conduce a Porto del Popolo…” – William Beckford, lettera dal Grand Tour, 1780

Venezia - la città fluttuante dell’arte e dell’opulenza Il fascino di Venezia non può essere negato in epoca contemporanea, e i giovani protagonisti del Grand Tours pensavano la stessa cosa.

Ogni Grand Tour non poteva prescindere da Venezia, soprattutto per via delle ricchezze che la città aveva costruito grazie ai suoi scambi commerciali e alla sua flotta. Qualità più che ammirevoli per i viaggiatori britannici del 18esimo secolo.

Forse fu la reputazione di Venezia ad attirare i giovani, ma fu il Rinascimento veneziano che investì l’arte e la cultura a farli tornare.

I giovani nobili visitavano Venezia per ammirare i dipinti realizzati dai grandi Tiziano , Giovanni Bellini e Jacopo Bassano . Naturalmente, ambivano a tornare a casa con un ritratto realizzato dal Giovanni Battista Piranesi .

Un artista molto rinomato per i suoi paesaggi urbani era Canaletto . Aveva una capacità tale di rappresentare scene e paesaggi, che l’osservatore aveva l’impressione di potervisi immergere, e la sua attenzione nel riprodurre i più minuti dettagli gli valse una fama impareggiabile.

Pompei e Napoli | Antichi resti, il sole e la luce Alcuni nobili viaggiatori aprirono la strada a mete meno battute, viaggiando alla volta di Napoli , la città del sole, della cultura, dell'opera buffa e alcuni capolavori del Caravaggio .

Napoli divenne una tappa importante nella fase finale del Grand Tour. Divenne qualcosa come un rifugio invernale per i turisti inglese e i viaggiatori come J.W. Goethe, il quale così ne decantò le lodi:

“Napoli è un Paradiso: tutti vivono in uno stato di leggerezza e di oblio di se stessi, me stesso incluso. Mi sento come se fossi una persona completamente diversa, a fatica riesco a riconoscermi. Ieri mi dicevo: o eri folle prima, o lo sei adesso.” – Goethe

Luoghi come Pompei ed Ercolano aggiungevano la sensazione di viaggiare più a sud dell’Italia, in cerca delle rovine che fanno da collante tra l’epoca moderna e le antiche radici. Quando gli scavi cominciarono (ad Ercolano nel 1738 e a Pompei nel 1748), i turisti ebbero una ragione in più di immergersi in questo misterioso capitolo storico, beneficiando anche del sole della costiera.

Firenze | la nobiltà inglese incontra il Rinascimento italiano I giovani viaggiatori difficilmente rinunciavano a visitare Firenze , la città in cui nacque il Rinascimento : una vera e propria culla per l’arte, grazie anche alla magnificenza del Duomo di Santa Maria del Fiore e la Cupola del Brunelleschi.

L’epoca del Grand Tour coincideva con un’altra grande attrazione: l’iniziativa di Cosimo I de’ Medici di instaurare un solenne controllo degli “uffici” fiorentini, meglio conosciuti come gli “uffizi” . Questi uffici amministrativi ospitavano al primo piano una galleria, in modo che i Medici potessero godere delle acquisizioni artistiche a loro piacimento.

La Galleria degli Uffizi , come noi la conosciamo, fu aperta al pubblico solo nel 1765. Fu privilegio di pochi “Gran Turisti”, per lo più nobili o di alta estrazione sociale, di poter ammirare alcune opere di Leonardo da Vinci e Michelangelo .

Questa la reazione di Thomas Beckford, noto collezionista d’arte, dopo aver visto la collezione degli Uffizi:

“...ho provato un piacevole delirio che solo le anime come le nostre possono comprendere, e incapace di controllare la mia estasi che scorreva di statua in statua, da stanza in stanza come una farfalla frastornata in un universo di fiori…”

La Galleria degli Uffizi è ancora oggi una delle massime espressioni dell’arte di Firenze

Saperne di più l'Europa del Grand Tour .

Mary Shelley e le altre viaggiatrici del Grand Tour

Soffrire è diverso sotto questo cielo.

Roma con le sue maestose rovine costituiva un fervido motivo di ispirazione per Mary Shelley

È stata forse la prima forma di turismo di massa, ed è soprattutto stato un fenomeno che ha lasciato una testimonianza indelebile nella cultura e nel costume europeo dal XVII al XIX secolo: stiamo parlando del Grand Tour, termine coniato da Richard Lassels, importante viaggiatore e scrittore, nel 1670.

Il Grand Tour era il viaggio di formazione dei gentiluomini appartenenti agli strati medio-alti della società europea, che aveva sia l’obiettivo di istruirli, grazie al contatto con lingue e culture diverse, ed anche quello di metterli alla prova, per tutte le peripezie e le avventure che avrebbero affrontato viaggiando in Paesi a loro sconosciuti. Inutile sottolineare che di questo viaggio di formazione l’Italia non era semplicemente una delle principali destinazioni: la conoscenza del Belpaese era piuttosto la ragione essenziale dello spostamento, in quanto questo era considerato da tutti la culla della civiltà umanistica, un vero e proprio “museo a cielo aperto” e, last but not least , un luogo dotato di un clima temperato e piacevole, decisamente molto diverso da quello dei Paesi di provenienza di questi viaggiatori (che erano soprattutto l’Inghilterra e la Germania).

In un certo senso, il viaggio in Italia, con le sue bellezze artistiche e architettoniche e la sua storia, era anche un modo di rivivere quella storia, quasi ritornando indietro nel tempo. A questo proposito, sono esemplari le parole di Goethe, nel suo Viaggio in Italia :

In verità, questo è l’effetto più completo che ottengono le opere d’arte: di riportarci alle condizioni dell’epoca e degli individui che le produssero. Circondati dalle statue antiche, ci sentiamo come immersi nel moto d’un’esistenza naturale, percepiamo la multiformità della struttura umana e siamo ricondotti in tutto e per tutto allo stato più puro dell’uomo, col risultato che lo stesso osservatore acquista vita e umanità autentica.

Si è parlato finora di “viaggiatori”: se quello del Grand Tour è stato infatti un rito prevalentemente maschile, questo non significa che le donne furono totalmente escluse da questa esperienza. In verità, già a cominciare dall’inizio del Settecento, ci furono molti casi di donne che si misero in viaggio; certo, erano in numero molto minore rispetto agli uomini, ma non avevano nulla da invidiare a loro: né la curiosità, né lo spirito di indipendenza, né la capacità di adattamento. Per queste donne il viaggio rappresentò una fuga verso la libertà, politica in alcuni casi o semplicemente una liberazione da quel ruolo di mogli e madri a cui erano tradizionalmente e inevitabilmente destinate.

Un valido motivo riconosciuto da tutti e che poteva giustificare questo viaggio al femminile era quello della salute: a cominciare dalla “malattia di petto”, che sicuramente traeva grande beneficio dal soggiorno in zone dal clima più temperato come l’Italia. Bisogna anche dire che il fatto di poter intraprendere il viaggio dava a queste donne anche un altro vantaggio: per prepararsi ad esso, potevano mettere da parte i libri tradizionalmente a loro riservati (ovvero le Sacre Scritture e i libri di cucina), per dedicarsi invece a tutte quelle letture che concernevano il viaggio: le avventure di Robinson Crusoe, di Gulliver, quelle immaginarie di Don Chisciotte…

Sicuramente, grazie alla loro sensibilità e alla loro visuale diversa da quella maschile, le donne viaggiatrici contribuirono sensibilmente ad arricchire la valenza del Grand Tour: mentre infatti l’interesse dei loro colleghi uomini era prevalentemente rivolto all’archeologia e all’antichità classica, loro erano invece curiose anche degli aspetti più prettamente antropologici, che riguardavano quindi le tradizioni e i costumi delle popolazioni con cui venivano a contatto. Questo risulta chiaramente dai resoconti che queste donne hanno lasciato dei loro viaggi: pur essendo di numero minore rispetto a quelli maschili, non sono sicuramente meno importanti e significativi per ricostruire il grande affresco del Grand Tour.

Come oggi la documentazione dei nostri viaggi è affidata alla fotografia, allora analogo compito era svolto dalla scrittura: viaggiare senza fissare attraverso le parole quanto si era visto era come non aver viaggiato. E, per le donne del Settecento, la scrittura di viaggio costituiva una doppia trasgressione: in primo luogo perché, oltrepassando il confine delle mura domestiche all’interno delle quali erano tradizionalmente relegate, uscivano dalla loro condizione di staticità. In secondo luogo, perché si appropriavano dello strumento della parola, ambito in cui il dominio era ancora prettamente maschile. “Se gli uomini hanno da sempre dominato il mondo delle parole, le donne hanno avuto potere su quello delle cose”, si può affermare citando la studiosa di storia della medicina femminile Erika Maderna.

Ecco, in questo caso il tentativo, peraltro pienamente riuscito, è proprio quello di staccarsi da questa dimensione “pratica”, di cui però nella maggior parte dei casi poche tracce rimanevano ai posteri, per abbracciarne invece una che avrebbe potuto lasciar traccia di loro e delle loro virtù. È infatti indubbio che, nel parlare dei loro viaggi, queste scrittici raccontavano anche di se stesse, mettendo nero su bianco i momenti cruciali della loro vita e, nello stesso tempo, dimostrando di avere una mentalità molto moderna, soprattutto quanto sostenevano che i giudizi formulati sui Paesi stranieri avrebbero sempre dovuto considerare i costumi e le tradizioni in essi presenti.

Un esempio lampante di questo atteggiamento è quello di Mary Shelley, che tra tutte queste donne viaggiatrici è sicuramente una delle più conosciute. Stiamo parlando di una delle più grandi scrittrici del Romanticismo inglese, autrice del celebre romanzo Frankestein. Il moderno Prometeo , pubblicato per la prima volta in forma anonima nel 1818. Una donna dalla vita senz’altro travagliata, piena di amori, viaggi e passioni. Sicuramente, il lungo tempo che trascorse viaggiando in Germania e soprattutto in Italia, influenzò decisamente la sua esistenza e la produzione letteraria: e proprio di questo parlò nella sua opera Viaggi in Germania e in Italia nel 1840, 1842 e 1843 .

In Italia la Shelley visse a lungo, ci tornò più volte e prese decisamente a cuore la causa indipendentista del Belpaese: potremmo dire che è quasi come se avesse tracciato un parallelismo tra la voglia di libertà e di indipendenza del suo spirito e quella del Paese che aveva subito eletto come quello del suo cuore. Risale al 1818, quando aveva poco più di venti anni, il primo viaggio in Italia della Shelley, che dalla Liguria si spostò in Lazio e in Campania, avendo così modo di ammirare Roma, Pompei, Salerno… E, dopo un periodo trascorso in Inghilterra, sempre in Italia ritornò nel 1840, quando si propose di accompagnare il figlio nel Grand Tour che avrebbe toccato Belgio, Svizzera, Germania e, appunto, Italia (e proprio a questo viaggio si riferisce la sua opera sopra citata).

Nei suoi resoconti di viaggio, risalta la sua creatività geniale, imprevedibile e sorprendente, nonché la sua indipendenza di giudizio e la sua capacità di calarsi completamente nel contesto che le stava intorno. In particolare, con le sue maestose rovine, Roma costituiva un fervido motivo di ispirazione per Mary Shelley, che la portò a trascorrervi molto tempo. Per esempio, così parlò del Pantheon:

Non posso dimenticare la sera in cui visitai il Pantheon al chiaro di luna: i tenui raggi del pianeta si irradiavano dall’apertura su in alto e le colonne scintillavano tutto attorno: era come se lo spirito della bellezza fosse disceso nella mia anima mentre me ne stavo seduta in muta estasi.

Tutti i periodi che passò in Italia furono contraddistinti da sofferenze e lutti; ma, come lei stessa affermò più volte, “soffrire è diverso sotto questo cielo”. Ed infatti, negli anni trascorsi in Inghilterra, ripensò sempre all’Italia con un moto di nostalgia, un fuoco che le ardeva dentro e a cui tendere costantemente le mani, tanto da scrivere, quando si trovava nella fredda Londra: “Perché non sono in Italia? Il sole italiano, l’aria, i fiori, la terra, la speranza sono contigui all’amore, alla gioia, alla libertà, mentre in Inghilterra tutto assume il volto della più arcigna realtà”.

Si potrebbe continuare a parlare a lungo sia di Mary Shelley che delle tante donne che furono protagoniste di quell’esperienza tanto appagante e completa quanto faticosa che fu il Grand Tour. Qui concludiamo ringraziando queste donne che, con il loro coraggio e la loro intraprendenza, ci hanno fatto percorrere dei passi fondamentali nel travagliato e ancora lungo percorso che ci potrà condurre alla piena e reale emancipazione femminile.

Catia Giorni

  • Hubert Robert, Pantheon e il Porto di Ripetta
  • Mary Shelley è sicuramente una delle più conosciute tra le donne viaggiatrici
  • Giovanni Paolo Panini, Il Pantheon e altri monumenti
  • Mary Shelley fu una delle più grandi scrittrici del Romanticismo inglese, autrice del celebre romanzo "Frankestein. Il moderno Prometeo"
  • Giovanni Paolo Panini, Veduta del Pantheon con l'Ercole Farnese
  • Il primo viaggio in Italia della Shelley risale al 1818, quando aveva poco più di venti anni

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Il Grand Tour al femminile

Mauro reali.

  • 9 Aprile 2020

Ma ecco il preannunciato “catalogo”: Anne-Marie La Page du Boccage (1710-1802), Anna Riggs Miller (1741-1781), Hester Lynch Piozzi (1741-1821), Elisabeth Vigée Le Brun (1755-1842), Elizabeth Vassal Webster, poi Lady Holland (1771-1840), Elisa von der Recke (1756-1833), Anne Louise Germaine Necker de Staël (1766-1817), Mariana Starke (1762-1838), Catherine Wilmot (1773-1824), Sydney Owenson Morgan (1783-1859), Anna Jameson (1794-1860), Marguerite Gardiner, Countess of Blessington (1789-1849), Mary Shelley (1797-1851), Jessie E. Westropp (?).

Anche a una lettura veloce, si comprenderà che si tratta di personaggi femminili vissuti tra Settecento e Ottocento, per lo più di origine inglese, francese o tedesca. Ciò che accomuna queste “signore” è però il fatto di essere state donne emancipate, colte, in alcuni casi anche ricche; ma il vero denominatore comune è stato soprattutto l’amore per i viaggi, in particolare se avevano come meta l’Italia. Infatti per tutte loro «il nome dell’Italia contiene una magia in ogni sillaba, ogni luogo nominato soddisfa e risveglia cari ricordi» (Mary Shelley).

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Un nuovo libro sulle donne viaggiatrici

Di queste donne viaggiatrici ci parla Attilio Brilli (con Simonetta Negri), nel libro Le viaggiatrici del Grand Tour. Storie, amori, avventure, il Mulino, Bologna 2020. E lo fa con un libro che si propone come un dottissimo saggio che però, a tratti, ci avvince come un racconto; e che è scritto con una prosa elegante e raffinata (un po’ “d’altri tempi”, e lo dico a mo’ di complimento…) perfettamente consona con i temi e gli ambienti che descrive. Insomma, dopo questo lavoro dovrà cadere lo stereotipo del Grand Tour come attività tipica di milord inglesi alla ricerca di emozioni paesaggistiche e di costosi souvenir archeologici (quelli che fecero la fortuna del cavalier Piranesi, tanto per intenderci…). Non furono infatti così poche le donne che concepirono questo stesso viaggio come una sfida, come una fuga verso la libertà (politica, in qualche caso, ma anche dal loro ruolo di madri e mogli), e/o magari come la realizzazione di un sogno: vedere cioè le opere d’arte o i siti archeologici descritti nei libri dei quali si erano nutrite in gioventù. Molte di queste, tra l’altro, lasciarono documentazione scritta del loro girovagare; dai loro diari e manuali emerge così una «originalità di visione, di analisi, di interpretazione, di giudizio» ben superiore a certi resoconti maschili «grettamente pratici» (p.12). Questo si dica, ovviamente, con le ben note eccezioni, costituite in primis dal Viaggio in Italia di Goethe.

Vorrei, con i miei lettori, soffermarmi solo su tre di queste viaggiatrici, e cioè la pittrice Elisabeth Vigée Le Brun (pp. 91-104), la baronessa universalmente nota come “Madame de Staël ” (pp. 135-144) e la scrittrice Mary Shelley (pp. 207-222). Ciò non solo per la celebrità delle loro figure, ma anche per le diverse modalità e finalità dei loro viaggi in Italia.

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Elisabeth Vigée Le Brun, pittrice in fuga

Elisabeth Vigée Le Brun, come tutti sanno, fu la ritrattista per eccellenza di Maria Antonietta e della corte francese. Non stupisce allora che nel 1789 abbia dovuto frettolosamente lasciare Parigi per l’Italia, dove restò fino al 1792: da quel momento il Grand Tour italiano diverrà per lei un Tour europeo, poiché la sua fama la portò presso alcune importanti corti straniere, come Vienna e San Pietroburgo. Nel nostro Paese la troviamo – tra l’altro – a Torino, Firenze, Roma, Napoli, Venezia, Milano, tutte città dove abitò, visitò musei e collezioni (ad esempio i Musei Vaticani o il Cenacolo leonardesco, come apprendiamo dai suoi Souvenirs , editi nel 1835), frequentò salotti, e lavorò come ricercatissima ritrattista. Già ho scritto di lei su queste colonne recensendo una mostra parigina, denunciando una particolare emozione provata davanti ai ritratti napoletani della futura Lady Hamilton – donna dalla bellezza provocante e dai costumi decisamente liberi – che è ritratta sia come ebbra baccante, sia come Maddalena penitente, sia come Sibilla Cumana (sulla scia del Domenichino). Né minore è la suggestione che proviamo davanti a quello di Isabella Teotochi Albrizzi, donna poliedrica e lei stessa viaggiatrice, amante di Foscolo e amica di Byron… e hai detto niente!

Insomma, giunta in Italia da fuggiasca, con la figlia e la governante, Elisabeth non abbandonò mai il malinconico pensiero per quell’Ancien Régime che ormai tutti identificavano nella “sua” Maria Antonietta, che nel 1793 sarà ghigliottinata. Eppure la permanenza nel nostro Paese le consentì una maturazione artistica e umana che difficilmente avrebbe avuto restando intrappolata tra la cipria e la bambagia di Versailles; e diede alla sua pittura una dignità “professionale” enorme, se è vero che questa era diventata vera fonte di sostentamento, sua e del marito rimasto in Francia.

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Madame de Staël e il suo alter ego Corinne

Anne Louise Germaine Necker de Staël è donna troppo famosa perché ne debba o possa parlare in questa sede. I più la conoscono per il suo intervento Sulla maniera e sull’utilità delle Traduzione che, edito sulla «Biblioteca Italiana» del 1816 (tradotto da Pietro Giordani), diede inizio alla cosiddetta “Polemica classico-romantica”. Madame de Staël viaggiò in Italia (e non solo) e fu conosciuta e rispettata ovunque; ammirò le bellezze artistiche italiane, ma stigmatizzò l’arretratezza e la divisione politica del Paese, il che la portò anche a formulare giudizi non troppo lusinghieri; giudizi che il prudente amico Vincenzo Monti la invitò a esprimere «ai dirupi della Svizzera e alle nevi del Monte Bianco», e non sul territorio della Penisola.

Il suo romanzo Corinne ou l’Italie (1807) è la manifestazione concreta di questo atteggiamento ambivalente; d’altronde Corinne è l’alter ego della sua autrice, tanto che la stessa Vigée Le Brun la dipinse con le fattezze del suo personaggio. Nel libro Corinne (italo-inglese) e Oswald (scozzese) si innamorano durante un viaggio che ha come tappe Roma, Napoli, Venezia, Firenze. Sembra un amore travolgente, eppure Oswald tornerà alla fine in Scozia, richiamato dal padre, che vuole per lui una moglie diversa. Quell’Italia che pareva la terra della felicità, diventa allora – per la protagonista, abbandonata a Firenze – «luogo di dolore, della solitudine, dell’inerte girovagare della morte» (p. 142). In realtà in tutto il romanzo si mettono in luce anche i “lati oscuri”, quasi misteriosi, della città italiane, al di fuori degli stereotipi del goethiano «paese dove fioriscono i limoni» allora in voga; e ciò, invece che inquietare i possibili turisti stranieri e tenerli lontani, suscitò verso di loro un forte magnetismo: a rendere difficili i viaggi, però, ci pensavano in quegli anni le guerre napoleoniche.

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Mary Shelley, tra lutti e amore incondizionato

Può sembrare impossibile, quasi ingiustificabile, l’amore viscerale di Mary Shelley per l’Italia. Infatti, durante un lungo soggiorno durato dal 1818 al 1823, che la vide girovagare un po’ ovunque, dalla Toscana a Roma, da Napoli a Venezia, fino al Levante ligure, la scrittrice perse due figli, di malattia, e poi il marito Percy Bysshe Shelley, naufragato nel 1822 al largo di Livorno. Eppure l’Italia appare spesso (direi sempre…) nei suoi diari, nelle sue opere letterarie, e anche nel resto della sua vita. Sia perché l’autrice di Frankenstein ci tornò, con il figlio Percy Florence, sia perché si innamorò nel 1843 di un «facinoroso bellimbusto» italiano, tal Ferdinando Gatteschi, esule a Parigi in quanto affiliato alla Giovine Italia. Gatteschi amava vivere “a sbafo”, facendosi mantenere da ricche amanti; e anche Mary dovette pagare pegno, perché gli donò i proventi del suo libro Rambles in Germany and Italy in 1840, 1842 and 1843 , nel quale descrive proprio il viaggio fatto insieme con l’unico figlio rimasto. La sua storia d’amore finì malissimo, tra minacce e ricatti. Ma il suo libro ci resta come documento della sua idea di Italia, un luogo meraviglioso dove si può godere di bellezze senza pari e dove si può affermare che «soffrire è diverso sotto questo cielo». E di sofferenza dovette patirne anche in quel viaggio “alla ricerca del tempo perduto”, ad esempio nell’affannosa ricerca a Roma delle tombe del figlio e del marito; o nello scrutare il mare in tempesta a Sorrento, che trovava tanto simile a quello che aveva fatto naufragare il suo Percy vent’anni prima.

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Una fuga per ragioni politiche (Vigée Le Brun), un viaggio tra il reale e il letterario (de Staël), un itinerario di amore e di dolore (Shelley), dunque. Avrei potuto citare anche altre donne viaggiatrici, ma mi fermo qui, perché già ho scritto troppo. Inoltre, in questi giorni di forzata “clausura”, parlare di viaggi è un po’ doloroso, tanto più se si debbono descrivere le bellezze del nostro Paese, così vicine ma ora così inaccessibili. Non so se davvero «soffrire è diverso sotto questo cielo», ma certamente sarà bellissimo e «diverso» potere tornare al più presto a visitare, ad esempio, gli scavi di Pompei e Ercolano che emozionarono Mary Berry e Sydney Owenson Morgan, o il Colosseo in rovina che inquietò Elisa von der Recke, o la Cascata delle Marmore, che piacque un po’ a tutte. Per non parlare della visione e dell’ascolto dell’opera alla Scala di Milano, di cui ci parla Hester Piozzi, stupita dalla perfetta acustica. Per ora, però, stiamocene a casa, tutti; e viaggiamo chiusi nella valigia delle nostre dame settecentesche, con l’unica avvertenza di fare attenzione al costante sobbalzo delle loro carrozze.

Docente di Liceo, Dottore di Ricerca in Storia Antica, è autore di testi Loescher di Letteratura Latina e di Storia. Le sue ricerche scientifiche, realizzate presso l’Università degli Studi di Milano, riguardano l’Epigrafia latina e la Storia romana. È giornalista pubblicista e Direttore responsabile de «La ricerca».

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viaggiatrici del grand tour

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Umbria Green Magazine

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Le viaggiatrici del Grand Tour. Intervista a Simonetta Neri

Intorno al 2005 ebbi la fortuna di frequentare il corso accademico sulla storia dell’editoria italiana del professore e critico letterario Gian Carlo Ferretti. Fu uno dei corsi più intensi di quegli anni per vivacità culturale ed eleganza letteraria e ne conservo, tuttora, un ricordo appassionato. Ebbene, conversare con Simonetta Neri, già traduttrice, professoressa e scrittrice, ha smosso quei ricordi vivissimi circa l’editoria italiana, ricordi attraversati da quel romanticismo proprio di chi, come la ragazza che ero nei primi anni 2000, si affaccia per la prima volta al mondo delle lettere e delle arti. Dal piacevole incontro è nata questa intervista, che inizia con il lavoro sulla scrittura sull’ultima fatica letteraria di Neri scritta con il professor Attilio Brilli, Le viaggiatrici del Grand Tour. Storie, amori, avventure pubblicata dalla casa editrice Il Mulino nel 2020 . Leggere questo libro, tenendo d’occhio le opere letterarie che lo attraversano, direttamente e indirettamente, offre molti vantaggi, primo fra tutti una completa panoramica sul ruolo della donna in relazione al viaggio e all’ambiente circostante tra la fine del Settecento e l’Ottocento.

Le viaggiatrici del Grand Tour. Storie, amori, avventure pubblicato dalla casa editrice Il Mulino nel 2020 è il libro scritto con il professor Attilio Brilli, esperto di letteratura di viaggio. Come è nato il libro, quale lavoro, in termini di ricerche e raccolta documenti, ha implicato e come ti sei mossa nei confronti del materiale letto e analizzato?

Possiamo dire che tutto ha inizio nel 2002 quando, con il professor Brilli, esperto di letteratura di viaggio, pubblicai, con la collaborazione di Gabriella Tomassini, Il fragore delle acque. La cascata delle Marmore e la valle di Terni (24 Ore Cultura) nell’immaginario occidentale una guida che ha varcato i confini della provincia. Il fragore delle acque ci diede modo di presentare la cascata così come è apparsa ai viaggiatori del Gran Tour quale una delle mete dei giovani rampolli dell’Europa del nord che suscitava grande emozione da un punto di vista naturalistico e non solo. Io e Gabriella Tomassini siamo state chiamate a collaborare a un’opera che potesse raccogliere tutte le voci di viaggiatori che avevano visitato la Cascata delle Marmore. Notammo, allora, che molti erano nomi di donne e questo ci incuriosì per quel tempo lontano. Successivamente abbiamo collaborato ad altri progetti, quali traduzioni e volumi, senza scordare il lavoro fatto sui viaggiatori e viaggiatrici in visita alla Cascata. Abbiamo continuato a raccogliere sempre più informazioni su queste donne in viaggio. Ci siamo concentrati sia sulle personalità ma soprattutto sulle opere, quindi il lavoro successivo ha rappresentato la raccolta di opere che spesso non erano in commercio (da questo punto di vista il reperimento di documenti online oppure tramite biblioteche sia nazionali sia inglesi o americane è stato preziosissimo). Alla fine, abbiamo raccolto molto materiale. Dopo aver lavorato a lungo su questo materiale si è pensato di creare un libro che ha coinvolto circa un altro anno e mezzo di lavoro sulle viaggiatrici del Gran Tour la cui ambientazione è tra Settecento e Ottocento.

Viaggio e donne. Quale similitudine hai rintracciato, durante gli studi e la preparazione del libro, tra il viaggio (fisico e interiore) e l’universo femminile?

Le donne in viaggio erano donne già particolari; non si può confrontare il viaggio del primo Novecento fino ad arrivare ai giorni nostri con il viaggio delle donne del Settecento. Queste ultime erano donne che avevano cultura e aspiravano a dimostrare la loro preparazione e il loro desiderio di approfondire lo spirito che le animava verso la conoscenza. Inoltre, erano donne che desideravano dimostrare la loro autonomia, desideravano uscire dagli schemi fissi che, da sempre, avevano relegato la donna entro un cerchio, un giardino molto stretto. Erano donne eccentriche, orgogliose di essere considerate quali donne che potevano affrontare un viaggio in carrozza e anche capaci di esprimere idee. Non erano donne che si limitavano a scrivere ciò che accadeva durante la giornata ma davano opinioni sulla bellezza estetica del luogo, sulle persone che incontravano, sui sistemi politici e governativi dei vari stati, come ad esempio giudizi su Napoleone. Quasi tutte queste donne appartenevano a un livello sociale elevato. Questo discorso si può aprire a tante considerazioni: ci basterà ricordare Lady Blessington che ha sofferto la segregazione del proprio corpo, di nascosto incontrava una maestra per poter leggere, poi il padre l’ha venduta in cambio di pochi soldi, il primo marito ha fatto lo stesso e questa catena di dolore non si è più spezzata. Blessington è diventata succube dell’onnipotenza del patriarcato, tuttavia è riuscita a diventare una gran dama di spirito, appassionata della poesia di Byron tant’è che arrivata in Italia, a Genova, ripercorre tutti i luoghi da lui visitati. Vite avventurose, quelle di queste donne, dove l’esperienza drammatica viene superata dal desiderio di conoscenza e rivalsa verso il maschio dominante.

Un nome tra tutte: Mary Shelley.

Lei rappresenta la donna in perpetuo viaggio, la donna più carismatica del suo tempo e profondamente pre-romantica, la donna che riesce a sprigionare quella forza di sentimento che forse nessun’altra aveva espresso in quel periodo. Mary Shelley è anche la donna fuga, in perpetua fuga, per non accantonare mai i suoi desideri, colei che fugge in Francia al seguito di Percy Bysshe Shelley per poi rientrare in Inghilterra. I suoi continui viaggi, compresa la visita in Italia, accrescono la sua creatività. Le sue prime produzioni non vengono direttamente firmate con il suo nome e questa è una caratteristica delle donne del Grand Tour le quali, quando pubblicano, non firmano o non usano il proprio vero nome. Mary Shelley, che per tutta la vita ha avuto un rapporto tormentato e ricco di incomprensioni con il padre e provata dalle numerose umiliazioni in società, riesce a riscattarsi anche e soprattutto attraverso la scrittura.

Si tratta quindi di donne che nonostante le difficoltà sociali e sentimentali, sentono il bisogno di imporre la loro voce, di diventare visibili.

Esatto. Tutte le sedici donne descritte, pur nelle loro diversità, riescono a dimostrare la loro emancipazione, costruendo la loro identità fuori da quel cerchio nel quale il patriarcato voleva relegarle. Oltre a Mary Shelley potrei citare Madame de Stael che scrive Corinne, or Italy libro-monumento della letteratura femminile.

Donne anticipatrici del femminismo.

Diciamo che si tratta di donne non così attratte dal femminismo ma ne diventano l’espressione senza averne la bandiera, il loro essere donna è in se stesse. Con loro inizia a riconoscersi la donna quale essere pensante non solo in funzione della famiglia, al servizio del marito e dei figli. La donna non è più colei che è costretta a studiare le maniere per prepararsi alla società ma è tanto di più.

E questa capacità di esprimere loro stesse vien scoperta soprattutto durante i viaggi in Italia.

L’Italia è la terra amata e sognata che, difatti, rappresenta il luogo di realizzazione completa della loro formazione culturale e di un modo di vivere libero e drammatico. Fondamentale per queste donne in viaggio è l’incontro con dame senza trucco e senza parrucche, che ridono liberamente come nella corte di Napoli. Questi incontri destabilizzano le dame d’Inghilterra così abituate al rigore. L’Italia è anche il Paese dove è possibile la ricerca dell’indipendenza politica (ad esempio con la conoscenza dei giovani carbonari: queste dame nutriranno una grande simpatia per questi giovani che si stavano preparando a creare un’altra visione dell’Italia). Infine, il nostro Paese è patria dell’arte e del mondo antico con i suoi resti e reperti storici: la bellezza del paesaggio e la natura incontaminata saranno elementi fondanti per le opere e gli animi di queste donne in viaggio.  Da questo punto di vista si può sottolineare la diversità di sguardo sul paesaggio tra l’uomo e la donna: mentre l’uomo descrive magistralmente il paesaggio ma la sua osservazione tende alla sopraffazione, la natura deve piegarsi al suo sguardo; la donna, al contrario, si immerge totalmente, si getta nel paesaggio e sa leggere il messaggio della natura (stupenda è l’immagine di Mary Shelley che legge nel foro romano). Per la donna la vicinanza con la natura e il paesaggio italiano rappresenta la possibilità di esprimere se stesse apertamente.

E a proposito dello sguardo femminile sul paesaggio e sulla natura, come puoi descriverci il tuo sguardo e il tuo rapporto con la tua terra anche alla luce delle tue pubblicazioni sulla Valnerina e sull’Umbria?

Sono nata nella Valnerina e c’è un amore di conoscenza e di crescita che mi lega a questa terra. Ho scritto una guida su Terni, conosco la città molto bene da un punto di vista storico, dalle civiltà più antiche fino alla contemporaneità in cui è immersa Terni, una contemporaneità caratterizzata dall’attesa di trovare qualche realizzazione diversa. Spinta da un amore che ho ereditato dalla mia famiglia e anche da uno studio costante, mi sono accorta che la nostra è una terra amata da chi è in viaggio, una terra dove i viaggiatori e le viaggiatrici di tutti i tempi trovano la libertà nel contatto stretto con la natura. La bellezza di alcuni luoghi, come la Cascata delle Marmore, ci fa comprendere quei concetti, di meraviglia e stupore, tali che ammirare proprio questi luoghi, e il loro splendore così mutevole, ci porta a riflettere sul continuo mutare umano sempre uguale ma al tempo stesso diverso.

Simonetta Neri  è traduttrice, scrittrice e docente di lingua inglese. Si dedica ad un ampio lavoro di traduzione e alla critica di personaggi (collaborando con diverse case editrici tra cui Sellerio), con particolare attenzione alle scrittrici di viaggio, alla letteratura di viaggio inglese e americana dell’800 e del primo ‘900. Profonda conoscitrice e appassionata delle tradizioni della storia della sua terra, l’Umbria, è autrice di numerose pubblicazioni e guide letterarie di questi luoghi. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo in collaborazione con A. Brilli Le viaggiatrici del Grand Tour. Storie, amori, avventure (Il Mulino, 2020), Valnerina. Itinerari tra natura, storia e mito. Invito al viaggio (Minerva Edizioni Bologna, 2018), con A. Brilli Sulle tracce di San Francesco (Il Mulino, 2016), con A. Brilli Alla ricerca degli eremi francescani fra Toscana, Umbria e Lazio (Le Balze, 2006), con   A. Brilli e G. Tomassini Il fragore delle acque. La cascata delle Marmore e la valle di Terni nell’immaginario occidentale (24ore Cultura, 2002), Terni. Guida della città e dei dintorni (Edimond, 1999).

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Sara Durantini

Biografia Sara Durantini

Sara Durantini (San Martino dall’Argine – Mantova, 1984) consegue la laurea magistrale in lettere moderne presso l’Università degli studi di Parma nel 2009. Vincitrice dell’edizione 2005-2006 del Premio Tondelli per la sezione inediti con il lungo racconto L’odore del fieno , nel 2007 pubblica il suo primo romanzo, Nel nome del padre , con la casa editrice Fernandel. Da oltre dieci anni scrive articoli per riviste letterarie online e cartacee. Dal 2011 cura il blog letterario corsierincorsi.it . Alcuni suoi racconti sono stati pubblicati in diverse antologie collettive fra cui Quello che c’è tra di noi , a cura di Sergio Rotino (Manni Editore, 2008), Dizionario affettivo della lingua italiana , a cura di Matteo B. Bianchi e Giorgio Vasta (Fandango Libri, nell’edizione 2009 e 2019), Orbite vuote, a cura di Marco Candida (Intermezzi Editore, 2011), oltre ad un approfondimento su Massimo Bontempelli accolto nel saggio L’unica via è il pensiero a cura del professore Hervé A. Cavallera (Intermedia Edizioni, 2019). Nel 2021, Sara Durantini ha pubblicato L’evento della scrittura. Sull’autobiografia femminile in Colette, Marguerite Duras, Annie Ernaux per la casa editrice di Milano 13 lab Editore.

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Le viaggiatrici del Grand Tour. Storie, amori, avventure

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Attilio Brilli

Le viaggiatrici del Grand Tour. Storie, amori, avventure Copertina flessibile – 6 febbraio 2020

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  • Età di lettura Da 3 anni in su
  • Lunghezza stampa 243 pagine
  • Lingua Italiano
  • Dimensioni 12.9 x 1.6 x 21.1 cm
  • Editore Il Mulino
  • Data di pubblicazione 6 febbraio 2020
  • ISBN-10 8815285903
  • ISBN-13 978-8815285904
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  • Editore ‏ : ‎ Il Mulino (6 febbraio 2020)
  • Lingua ‏ : ‎ Italiano
  • Copertina flessibile ‏ : ‎ 243 pagine
  • ISBN-10 ‏ : ‎ 8815285903
  • ISBN-13 ‏ : ‎ 978-8815285904
  • Peso articolo ‏ : ‎ 260 g
  • Dimensioni ‏ : ‎ 12.9 x 1.6 x 21.1 cm
  • n. 637 in Storia moderna e contemporanea dal XVIII al XX secolo (Libri)
  • n. 1,231 in Storia sociale e culturale (Libri)
  • n. 6,912 in Studi culturali e sociali (Libri)

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Attilio brilli.

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Gli uomini di cultura

Il viaggio di 'istruzione' non resta tuttavia appannaggio della sola gioventù europea. Esso, inteso più largamente come viaggio di formazione, interessa da vicino la schiera dei tutors , spesso scelti tra gli artisti, i letterati, gli uomini di cultura che, privi di mezzi materiali, erano provvisti di quel saggio discernimento da somministrare ai loro giovani signori. Fu questo una sorta di mecenatismo moderno, grazie al quale un gruppo davvero notevole di artisti o amatori d'arte godette della possibilità non solo di apprendimento ma anche di scambio. Il commercio intellettuale, favorito dall'incontro, si rispecchiò poi nel commercio di oggetti, opere d'arte, vedute, che cominciarono a circolare tra paesi visitati e madrepatria ampliando le possibilità di confronto e realizzando, in concreto, l'idea universalistica della cultura che l'uomo europeo sentiva come necessaria.

Professionisti e curiosi

Il catalogo dei viaggiatori non si esaurisce tuttavia ancora: molti uomini politici, diplomatici, poi poeti e letterati, ma anche mercanti e uomini d'affari, interessati principalmente al collezionismo, intere famiglie infine furono protagonisti del viaggio. La ragione di questo allargamento a macchia d'olio del desiderio del viaggio nella società europea sta nella ricchezza dell'Italia, di un luogo che costituiva insieme meta e mito culturale, naturalistico, scientifico, politico, avventuroso, artistico, religioso eppure mondano. L'Italia dei monumenti, dell'archeologia, della campagna toscana e del 'sublime' panorama alpino, del carnevale veneziano e delle feste romane, dei teatri; l'Italia del clima mite, che fa di Pisa il rifugio di tanti anglosassoni malati di tisi; l'Italia delle Accademie e delle biblioteche, delle cento città: i suoi tanti volti diventano il prisma in cui si riflette tutta la società europea, coinvolta in una gara di emulazione nel partecipare all'irrinunciabile viaggio.

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Alcuni percorsi di lettura, le viaggiatrici del grand tour, acute osservatrici del mondo: uno studio di attilio brilli con simonetta neri.

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Visualizza questo post su Instagram A lungo il Grand Tour attraverso l'Europa è stato tratteggiato come un uso unicamente maschile, ma non è così! Fin dal Settecento si registrano viaggiatrici curiose (anche se spesso non prive di pregiudizi) che hanno attraversato l'Europa a bordo delle loro carrozze, inizialmente anche come provocatorio affrancamento dal ruolo tradizionale di moglie e madre, poi sempre più come turiste. Epistolari (spesso escamotage letterari), memorie e diari sono un'interessante testimonianza dello sguardo delle viaggiatrici del Grand Tour. @gloriaghioni sta leggendo con grande interesse questo #saggio di #AttilioBrilli uscito recentemente per @edizionimulino. È nelle vostre corde? Presto la recensione sul sito! #Criticaletteraria #viaggio #grandtour #inlibreria #daleggere #genderstudies #IlMulino #ilmulinoeditore Un post condiviso da CriticaLetteraria.org (@criticaletteraria) in data: 22 Feb 2020 alle ore 9:42 PST

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Cava de' Tirreni, La Strada Regia delle Calabrie sulle tracce del Grand Tour: gli eventi in rassegna

Da venerdì e fino al 31 maggio, a cava de’tirreni si ripropone percorso storico, culturale ed enogastronomico che ricrei le emozioni dei viaggiatori del grand tour,.

Un tratto campano della Strada regia delle Calabrie

È previsto per venerdì 26 Aprile il primo appuntamento, a Cava de’Tirreni, della Rassegna Culturale "La Strada Regia delle Calabrie sulle tracce del Grand Tour: i fasti dei Borbone tra dimore nobili e gastronomia popolare".  A Palazzo di città, alle 17, si terrà il convegno e incontro di studi sul tema: "Il diritto alla ricerca della felicità: Gaetano Filangieri, il 700 napoletano e il costituzionalismo americano. Una lettura ricostruttiva e contemporanea di carattere storico, filosofico, giuridico, letterario e teologico" . Sempre il  26 alle  21 e il 28 aprile, ore 20.30, presso il Teatro Comunale Luca Barba, avrà luogo il Concerto dell'Orchestra “Nientedimeno Swing Band”.  Gli altri appuntamenti previsti includono: il 27 Aprile,  9:30, l’incontro di studi sul tema "Il Grand Tour del Settecento nella Cava del Millennio" presso il Salone di rappresentanza di Palazzo di Città. Presso l'Aula Consiliare di Palazzo di Città, alle  20:30, si svolgerà l’evento artistico: "Gli esiti del Grand Tour: gran ballo del Gattopardo" con atmosfere ottocentesche tra musica, danza, letteratura, poesia e cinema. L'orchestra "Angelicus" e il corpo di ballo "Il Contropasso" offriranno uno spettacolo unico nel suo genere. Dall’11 al 31 Maggio sarà la volta del convegno e mostra: "Progetto di itinerario storico, artistico, culturale e spirituale riguardante l'Abbazia Benedettina, le chiese e i conventi di Cava de' Tirreni". Questo evento, che avrà luogo presso l'Abbazia Benedettina, Palazzo di Città e Complesso San Giovanni, si propone di valorizzare le identità, le tradizioni e il patrimonio storico-artistico-culturale e spirituale della città. Il progetto farà riferimento al periodo del Grand Tour e prevederà correlazioni con i territori dei comuni aderenti al "Progetto della Via Regia". L’11 Maggio si svolgerà, anche il concerto dell'Orchestra e Corale Polifonica "Angelicus" presso il Duomo di Cava de’ Tirreni, un'esperienza musicale che incanterà i presenti con la sua bellezza e magnificenza. 

Questi eventi fanno parte del progetto finanziato nell'ambito del POC Campania 2014-2020,che coinvolge la rete dei Comuni salernitani di Nocera Superiore (capofila), Cava de' Tirreni, Scafati, Angri e Striano, insieme a Capodrise (in provincia di Caserta) con il patrocinio di Archeoclub d'Italia: Progetto nazionale di promozione culturale e turistica dei borghi e dei territori della Strada Regia delle Calabrie.

L’obiettivo è quello di realizzare un percorso storico, culturale ed enogastronomico che, attraversando l’agro nocerino e la Campania felix fino alle porte della costiera amalfitana, sappia ricreare le emozioni vissute dai viaggiatori del Gran Tour che nel XVIII secolo percorrevano la Strada Regia delle Calabrie per andare a visitare l e rovine di Pompei e Paestum.

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    Scopri i profili delle donne viaggiatrici del Grand tour al Femminile, donne scrittrici che hanno attraversato l'Italia a cavallo tra il '700 e l'800

  17. I protagonisti del Grand Tour

    I luoghi del Grand Tour; I tempi del Grand Tour; Il dibattito sul Grand Tour: sostenitori e oppositori; I protagonisti del Grand Tour; Le motivazioni del viaggio sei-settecentesco; Le testimonianze dei viaggiatori: guide, relazioni, diari, epistolari; Come si viaggiava. Itinerari; Mezzi di trasporto; Attori del viaggio; Equipaggiamento da ...

  18. Le viaggiatrici del Grand Tour, acute osservatrici del mondo: uno

    Le viaggiatrici del Grand Tour, acute osservatrici del mondo: uno studio di Attilio Brilli con Simonetta Neri. 23.3.20 - Le viaggiatrici del Grand Tour. Storie, amori, avventure. di Attilio Brilli, con Simonetta Neri. Il Mulino, febbraio 2020. pp. 243. € 16 (cartaceo) € 11,43 (ebook)

  19. LE Viaggiatrici DEL Grand TOUR

    LE VIAGGIATRICI DEL GRAND TOUR. Storie, amori, avventure. - Attilio Brilli con Simonetta Neri. Partiamo da quando tutto si è fermato per la pandemia ed il lockdown, facendo in modo che muoversi in quella che era la nostra quotidianità non si potesse più fare: non si poteva uscire per le vie dei nostri quartieri, recarsi al lavoro, allora ...

  20. Le viaggiatrici del Grand Tour. Storie, amori, avventure

    Le viaggiatrici del Grand Tour. Storie, amori, avventure. di Attilio Brilli (Autore) Simonetta Neri (Autore) Il Mulino, 2020. (2) 11,43 € +110 punti. Venditore: IBS. Aggiungi al carrello. Regala. Acquisto online. Scaricabile subito. Articolo acquistabile con Bonus Cultura 18app e Carta del Docente.

  21. I viaggiatori del grand tour in Sicilia nel fine 700 primo 800

    I viaggiatori del grand tour in Sicilia nel fine 700 primo 800 - Blog di ClickSicilia - Il blog di clicksicilia, informazioni e curiosità per scoprire la Sicilia.

  22. Le viaggiatrici del Grand Tour by Attilio Brilli

    Le viaggiatrici del Grand Tour. Attilio Brilli, Simonetta Neri. 3.69. 29 ratings8 reviews. Non solo occasione di formazione culturale e di svago, per il mondo femminile il Grand Tour ha rappresentato quasi sempre un momento cruciale dell'esistenza e spesso ha incarnato un drammatico gesto di liberazione.

  23. Grand tour al Femminile

    Rivivi le emozioni delle viaggiatrici del Grand Tour, esplorando i luoghi più famosi della Città Eterna e leggendone la storia sulle guide archeologiche. Conserva in casa o in ufficio un ricordo indelebile dell'esperienza appendendo alla parete le nostre stampe artistiche della grande arte pittorica italiana.

  24. Cava de' Tirreni, La Strada Regia delle Calabrie sulle tracce del Grand

    Da venerdì e fino al 31 Maggio, a Cava de'Tirreni si ripropone percorso storico, culturale ed enogastronomico che ricrei le emozioni dei viaggiatori del Grand Tour,